(www.lapiazzadiscanno.it)

 

 

" ...Scanno, paesino dell'Abruzzo interno, una perla incastonata a mille metri di altitudine, dove il tempo sembra essersi fermato a causa dell'isolamento che i monti hanno determinato nel corso della sua storia..." e bla bla bla...

Questa è una delle stucchevoli impressioni del nostro paese di uno dei tanti forestieri girovaghi dell'inizio del novecento. Quell'isolamento che fu rotto proprio in quei anni con la nuova strada da Sulmona, costruita dall'ingegner Antonio Lepito Chioti di Popoli e voluta dalla provincia. Fu un lavoro ardito e ambizioso come fu definito in quell'epoca, nelle orride gole del Sagittario di dannunziana memoria.

La prima esauriente descrizione di quei luoghi la fece lo scrittore e disegnatore Edward Lear, un tipo bizzarro venuto dall'Inghilterra per vedere il pittoresco Abruzzo e altre parti d'Italia. Arrivò a Villalago a cavallo dalla Marsica, percorrendo il sentiero che da San Sebastiano collega i nostri territori. Era l'estate del 1843:  "Villalago si trova sull'orlo di un burrone sopra un tremendo abisso attraverso il quale il Sagittario, che d'inverno diventa torrente pauroso, scorre verso la pianura di

 Sulmona; una stretta mulattiera segue i meandri di esso ora attraverso spazi aperti, disseminati di detriti di roccia, ora attraverso fenditure così strette che c'è spazio solo per il fiume e per uno stretto passaggio: gli stretti di San Luigi sono spaventosamente alti e augusti, e, ad eccezione del periodo estivo, non sono transitabili. Aquile e corvi abbondano in questa gola, il cui aspetto fa agghiacciare il corpo ". Lear ci ha lasciato anche i suoi disegni a testimonianza delle asperità di quella mulattiera e dei disagi dei nostri nonni che la percorrevano. Una curiosità, lungo questo passaggio passò anche la statua di Sant'Eustachio, la cronaca di quell'epoca riporta che fu portata in spalla per garantirne l'incolumità durante il trasporto dal laboratorio di Brittoli del mastro intagliatore Giovanni Leonardo Manzoli fino alla  nuova chiesa rifatta nella Terra vecchia. Furono pagati 50 ducati per la statua e 10 ducati e grana 5 per i trasportatori. (Memorie inedite della chiesa di Sant'Eustachio di Giorgio Morelli). Questa gola fu attraversata anche da una colonna di soldati francesi nel Gennaio del 1799, raggiunse Scanno e depredò buona parte dei ricchissimi arredi sacri della chiesa parrocchiale, fra i quali l'urna  d'argento ove erano racchiuse le spoglie di San Costanzo martire. Dopo la razzia, ripresero la strada per ricongiungersi con il grosso dell'esercito a Castel di Sangro (Storia di Scanno di Colar.Mancini). Quando i francesi instaurarono la Repubblica Partenopea una delle riforme in materia dei lavori pubblici, fu la viabilità. Allora, le strade considerate tali, erano gran parte quelle antiche romane come anche le vie dei monti d'Abruzzo. Ancora adesso molte strade dell'ex Regno delle Due Sicilie sono denominate Napoleoniche.

Quando i borboni tornarono al potere, capirono che la Repubblica aveva portato importanti novità e un desiderio di rinnovo della viabilità nel Regno. Nella direzione del Ministero Ponti e Strade, Ferdinando II mantenne i funzionari murattiani  e approvò quasi tutti i progetti che loro si erano prefissati, portò a compimento la napoleonica Sulmona - Cinquemiglia per poi proseguire verso Caianello - Napoli. Nel rinnovo della viabilità c'era anche la Scanno-Sulmona per la precisione Villalago - Introdacqua, in quanto la strada Scanno - Villalago era stata fatta dall'Università di Scanno, con un grosso contributo di Don Alessandro Abrami. In data 26 Giugno 1844 veniva approvata la strada che per la via così detta di San Pietro, e per le Prata di Castrovalva, doveva congiungersi, col volger del tempo,alla strada consolare presso Sulmona, era in pratica l'antico tracciato della antica strada romana che dalla Valeria risaliva in monti per attraversare Castrovalva, i paghi di Fluturno, Frattura, Collangelo, Iovana per poi proseguire verso Aufedena (Castel di Sangro). I lavori iniziarono ma quando il tracciato arrivò nel territorio di Castro che era già sotto la giurisdizione di Anversa già dal 1812, i lavori si bloccarono; riporto il disappunto del Tanturri riportato a pag.14 del sua monografia: ...ma le grette invidiuzze, peste fatalissima dei piccoli paesi, si scatenarono con tutta energia, e pochi nemici del pubblico bene giunsero colle loro trame clandestine a far impartire tale un barlume di esistenza...

E arrivò il Regno D'Italia, nel frattempo con mine e picconi si era resa carreggiabile quella vecchia mulattiera, fu fatto il traforetto denominato delle Caprarecce e il ponte di San Domenico. Da lì si può notare ancora il muro di sostegno di un tornante che saliva verso Villalago e la mulattiera verso la Marsica. I Lavori della nuova strada iniziarono nel 1890 ed è quella che tuttora usiamo, il vecchio progetto non fu preso nemmeno in considerazione, chissà, forse perchè era borbonico e volevasi dimostrare che il nuovo Regno d'Italia era capace di fare una strada in un orrido posto come quello. Adesso non è altro ciò che vediamo: un vecchia strada ottocentesca aggrappata alla roccia friabile fatta da un ambizioso ingegnere figlio del suo tempo, inadeguata ai nuovi tempi e alle nuove carrozze.

Un'altra arteria vitale per il nostro paese era quella che portava al Piano delle Cinquemiglia, si imboccava a Sud del paese, scendendo all'ex officina e attraversando il ponte delle Schelelle. Da lì poi si raggiungeva la Puja, la Terra del Lavoro e Napoli. Il Tavoliere della Puglia era ovviamente dove le greggi dei nostri armamentari svernavano, con tutto il seguito dei pastori, massari, tosatori e tutti i lavoranti delle lane e formaggi, La Terra del Lavoro era la meta dei mercanti, del commercio, delle fiere e poi c'era Napoli, la Capitale del Regno politico ed economico, la città dove i figli della nostra alta società studiavano e si formavano. Molte sono state le famiglie blasonate di questa straordinaria città legate a Scanno. Una fra tutte, la famiglia De Franchis, che per decenni ha gestito l'amministrazione di alcuni feudatari di Scanno. Ma come ci si arrivava in questi luoghi? Ovviamente in sella a un cavallo o di un mulo fino a quando nel 1820 non fu fatta carreggiabile la strada Sulmona - Castel di Sangro. Qualche anno dopo, fu istituita la linea postale Messaggeria degli Abruzzi e fu affidata in gestione alla famiglia Fiocca che utilizzò carrozze all'avanguardia per quell'epoca. Non può mancare un accenno avventuroso connesso alla diligenza che furono oggetto delle attenzioni dei briganti che infestavano la zona, le cui gesta hanno trovato eco nelle cronache dell'Unità D'Italia. I nostri nonni andavano a prendere questa carrozza alla stazione di posta alla periferia di Castel di Sangro, dove avevano la possibilità di darsi una rinfrescata, di cambiarsi d'abito e di proseguire rinfrancati il viaggio. Gli amici, o i dipendenti che li avevano accompagnati, riprendevano intanto la via del ritorno con la soma vuota del padrone. Molto interessante sapere che nella Valle Cupa di Scanno c'è una radura chiamata via delle Carrozze; era dove si svoltava per il monte Curio per poi scendere alle Cinquemiglia.

Voglio concludere quest'articolo con una foto ottocentesca di Pietro Di Rienzo; come si può notare, (ultima foto in basso), il sentiero di Sant'Egidio era ben segnato e ancora usato dalle retine di muli che andavano ai pascoli della Terratta e nella Marsica. Un secolo prima era la via principale fino a quando non si rese sicuro il transito sullo sperone di roccia sul lago, dove fu poi costruita la chiesetta della Madonna. Scanno ha vissuto per secoli in splendido isolamento, come lo ha definito uno dei tanti viaggiatori degli inizi del '900, creandosi un mondo tutto suo, costume, dialetto, usi e tradizioni. Riporto le impressioni di Anne MacDonell : " Se Scanno fosse tagliata fuori dal resto del mondo, questo paese sarebbe ugualmente autosufficiente ed anzi ciò si potrebbe dire per ogni famiglia. La quantità dei beni importati è molto limitata; i boschi forniscono il combustibile e dal sottile strato di terra che ricopre le rocce essi ricavano il grano. Poi ogni famiglia cuoce il suo pane mentre il resto del cibo proviene dagli orticelli sparsi qua e là sui pendii delle colline e dai maiali, galline e capre che il giorno circolano liberamente per le strade e di notte vengono custoditi nei bui vicoli cechi. Le greggi che durante tutto l'inverno si trovano a Foggia, in estate tornano e forniscono la lana per i vestiti. Nelle case le donne cardano, colorano, filano e tessono la lana per farne abiti, coperte, calze e trecce. Scanno sarebbe costretta a privarsi del vino e dell'olio se Sulmona dovesse smettere di fornirle tali prodotti, perchè quassù non crescono né viti, né ulivi. Qui l'estrema povertà non esiste e tutti godono ottima salute ".    Orazio

 
Lo sapevate che...(103)
 
 

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